"Nativi Digitali" : tutto ok?
In tempi di feste e di regali il mercato delle tecnologie digitali (TD) è uno dei pochissimi a non
soffrire della crisi. Bambini di età sempre minore sono al centro del mercato digitale. La pubblicità
di nuovi videogiochi e baby tablet a volte è esplicita, spesso si nasconde dietro inchieste
sul loro utilizzo, che si concludono immancabilmente con “certo occorre cautela, ma sono
così utili allo sviluppo…”
E’ invece il caso di chiedersi seriamente quanto faccia bene ai nostri nuovi bambini l’uso
sempre più esteso e sempre più precoce delle tecnologie digitali. Il mantra degli esperti recita
più o meno così: le nuove tecnologie aiutano la mente, sviluppano l’intelligenza, ma possono
isolare, rendere dipendenti e sedentari.
Vale la pena di sottoporre ad un vaglio queste affermazioni.
Che le TD “aiutino” la mente, è evidente. Ma la aiutano a restare vigile, a cercare nozioni, a
sviluppare alcune funzioni (il coordinamento visuo-motorio, la prontezza delle reazioni, il
multitasking), mentre non sembrano affatto aiutare la memoria, o la capacità di selezionare,
criticare,mettere in relazione concetti. In questo senso l’affermazione che le TD “sviluppano
l’intelligenza” pare molto azzardata. Se l’intelligenza è la capacità di risolvere problemi, possiamo
dire che dipende dai problemi: al video ci si può addestrare a colpire bene un nemico,
non a concettualizzare e ideare. La neuroscienziata Maryanne Wolf autrice del saggio “Il calamaro
e Proust”, dice che “quello che sta succedendo ai digital kids è un’emergenza”, che
“viene ad essere inibita una lettura profonda, vale a dire la possibilità non tanto di comprendere
dei codici linguistici ma di mettere in relazione i significati con le nostre vite, le emozioni
di chi ha scritto con le nostre emozioni”. Bambini, quindi, che guadagnano alcune competenze,
soprattutto hanno facile accesso ad una quantità di informazioni infinita, ma ne perdono
delle altre: la capacità di comprendere il linguaggio non verbale, la mimica, i gesti, di leggere
in modo ordinato, di scrivere a mano e comprendere (The Emerging, Evolving Reading Brain
in a Digital Culture: Implications for New Readers, Children With Reading Difficulties, and
Children Without Schools Journal of Cognitive Education and Psychology 11: 3, 2012 , pp.
230-240)
.
Secondo una ricerca recente svolta in Friuli VeneziaGiulia (Gabriele Qualizza, Medico e
Bambino,dicembre2012) tra le attività contratte in gran parte degli utilizzatori di internet c’è quella
dellalettura. Il cervello si riempie di nozioni ma forse perde la capacità di ritenerle e soprattutto di
collegarle:“Il PC conserva quello che abbiamo smesso di memorizzare. Così il nostro cervello non
si sforza”, è la conclusione di uno studio scientifico pubblicato su Science da un gruppo di
neurologi della Columbia University. Un problema, quindi, c’ è Il nostro cervello si “estende” fuori
di sè con le TD, ma pare perdere la profondità, e la luce dell’inventiva. Probabilmente servirebbero
altri studi per sapere con certezza, ma qualche precauzione è da prendere ora.
La stessa ricerca già menzionata, viceversa, sembra smentire l’idea che l’uso delle TD per
connettersi on line, anche quando molto intenso possa sacrificare le relazioni off line: solo il
4,1% (che diventa quasi il 5% tra i più “connessi”) infatti esce con i propri amici meno di prima,
mentre il 71,6% mantiene i ritmi precedenti e il 24,3% esce addirittura più di prima. Ma
crescono anche le segnalazioni nei reparti di neuropsichiatria di forme di franca dipendenza
dalle tecnologie (una patologia per la quale è stato richiesto l’inserimento nella nuova
classificazione delle malattie mentali), che in altri paesi sono ormai comuni: in Giappone almeno
un ragazzo su venti è recluso in casa (hikikomori) anzi nella sua stanza, anzi, al tavolo. I due
dati mettono a fuoco due facce dello stesso fenomeno. Se la maggioranza non si isola, alcuni
sono portati a farlo: una revisione sull’argomento (Online Social Networking and Addiction: A
Review of the Psychological Literature, di Daria Kuss e Mark Griffiths, pubblicata su International
Journal of Environmental Research and Public Health 2011;8(9):3528-52) conferma
che l’effetto del social networking digitale è diverso a seconda dei tratti di carattere. Ad esempio,
i ragazzi che hanno una rete di relazione ricca, e una buona autostima, usano Facebook
per il loro ulteriore avanzamento sociale. Al contrario, quanti hanno reti sociali povere e bassa
autostima tentano di compensare questo attraverso i social network, ma sono molto vulnerabili
al tipo di feedback che ricevono: se è positivo, bene; ma se è negativo (ed è dimostrato
che la rete induce disinibizione, quindi sono più frequenti caldi apprezzamenti, ma anche
critiche e derisioni feroci) la loro nozione di sé peggiora, fino a conseguenze talora estreme.
E si deve tenere anche conto che sulla rete si tende a dare immagini non veritiere di sé,
che poi possono generare disillusioni sia negli altri che in se stessi. Quindi, se per la grande
maggioranza le cose possono andare bene, per alcuni l’effetto della rete può essere devastante
sia in termini di possibile dipendenza che di forte caduta della considerazione di sé. Si
tratta, poi, di vedere che tipo di relazioni vengono costruite nella rete: come l’autore della ricerca
summenzionata osserva: “il rischio è che nello spazio dei nuovi media l’essere-con (il
“mi piace” di Facebook) tenda a prevalere sul parlare-di, l’affinità e la sintonia sul dialogo,
l’ansia di essere accolti dal gruppo sulla capacità di esprimere la propria originale individualità”.
E’ inoltre dimostrato che l’esposizione precoce alla violenza su diversi media, inclusi i videogiochi
bellicosi, contribuisce a sua volta a fenomeni di aggressività sia mediatica che esercitata
nella vita reale. L’American Academy of Paediatrics ha da tempo raccomandato di evitarli.
Esiste, infine, il rischio biologico. Quello possibile, ma talmente severo da richiedere certamente
una politica di precauzione (cancerogenicità e disturbi riproduttivi derivanti
dall’esposizione alle onde elettromagnetiche di cellulari smartphones ecc). E quello certo:
esiste una forte correlazione tra l’immobilizzazione davanti allo schermo in ambienti chiusi, la
precoce insorgenza di sovrappeso e obesità nei bambini e la comparsa di disturbi alla colonna.
L’eccessiva esposizione allo schermo determina inoltre problemi di vista (Computer
vision syndrome).
Che fare, allora? Se è evidente che le tecnologie digitali e la rete rappresentano delle grandi
opportunità di comunicazione, informazione, apprendimento e svago, esiste il bisogno di una
maggior informazione e consapevolezza della popolazione, soprattutto delle sue fasce più
vulnerabili, bambini e adolescenti, e dei loro genitori e insegnanti.
La “dieta mediatica” va aggiustata fin da piccoli, evitando quindi i videogiochi prima dei tre
anni, il cellulare a 7 anni o l’iscrizione clandestina a Facebook a 9 (non sono, come sapete,
eccezioni), indirizzando bambini e ragazzi a un utilizzo consapevole, che prima di tutto deve
essere guidato anche con l’esempio, da parte dei genitori e poi, nei tempi e negli spazi della
scuola, con la guida degli insegnanti. Ed evitando l’uso eccessivo e prolungato (mai sopra le
due ore almeno fino ai 6-7 anni!). E’ bene inoltre condividere la visione dei video con il bambino,
usando le modalità interattive suggerite anche per la condivisione di testi scritti e cioè
facendo domande e commentando insieme al bambino quanto avviene. E’ fondamentale che
soprattutto in famiglia si propongano attività diverse (la diversità è utile di per sé), interattive,
che stimolino la creatività ecc. (lettura, musica, attività ludiche con oggetti di uso comune che
stimolano creatività e ingegno). E forse è proprio quest’ultima la raccomandazione fondamentale.
Infatti, se è vero che non tutti i pareri degli esperti sono basati su solide evidenze, e
infatti spesso divergono, il senso comune dovrebbe portarci ad una ragionevole certezza: se,
come molti sostengono, l’accesso alla rete rappresenta o può rappresentare un arricchimento
delle potenzialità del bambino, questo deve realizzarsi in aggiunta alle esperienze e opportunità
di crescita esistenti e non in loro sostituzione. La raccomandazione di fondo diventa
quindi quella che l’uso delle tecnologie e l’accesso alla rete non vada a scapito di
un’interazione forte con i famigliari, della lettura, della musica, del gioco libero, dello sport e
di tutto quanto può arricchire la vita di bambino e contribuirne alla crescita.
Giorgio Tamburlini
Radio Magica, il primo portale italiano dedicato ai “nativi digitali”, pensato comeambiente di intrattenimento per il loro tempo libero, ma anche come fonte di crescita umana, sociale eculturale. Radio Magica comprende una web radio, con programmi di narrativa, musica, arte, scienzeecc. realizzati per (e con) i bambini, di ogni età, e una biblioteca on line degli stessi materiali scaricabiliin ogni momento e, soprattutto, accessibili a bambini portatori di bisogni speciali, tramite il ricorso allinguaggio dei segni, font per i dislessici e gli ipovedenti e il linguaggio dei simboli (http://www.radiomagica.org/#page-1)
Nati per Leggere· Al via alla quarta edizione del Premio Nazionale Nati per Leggere.I documenti si scaricano alla pagina: http://www.natiperleggere.it
tratto da: http://www.csbonlus.org/inc/ALLEGATI/FIn_da_piccoli_num_0.pdf