Pavor Nocturnus

  IL PAVOR NOCTURNUS

Il Pavor nocturnus (in italiano: terrore notturno, terrore nel sonno), come il più noto sonnambulismo, rientra nelle parasonnìe (perturbazioni non patologiche del sonno).

È piuttosto frequente (circa 3 % nei bambini, un po’ meno nelle bambine); di solito compare fra i 2 e i 12 anni, scompare in adolescenza; non ha alcun significato patologico, né alcuna causa patologica (neurologica, psicologica, affettiva, relazionale), né alcuna conseguenza immediata o negli anni successivi; si verifica durante il sonno profondo, di solito nel primo terzo della notte; lascia amnesia parziale o totale.

Le crisi di Pavor nocturnus sono davvero impressionanti. Il bambino lancia un grido, con gli occhi sbarrati, a volte serrati, con una forte attivazione del sistema nervoso autonomo: è sudato, ansante, pallido, a volte paonazzo, ha le pupille dilatate, il respiro corto e frequente, la frequenza cardiaca aumenta come anche il tono muscolare. Perde l’urina. Si agita in movimenti scomposti, irrigiditi. Grida. Piange.

Sembra in preda al terrore. Non è contattabile con gesti, né con parole. Anzi: se gli si parla, se viene toccato o abbracciato, il terrore può aumentare. Di solito la crisi dura pochi minuti, ma anche da 10 a 30 minuti. Alla fine il bambino torna a dormire d’un sonno profondo, come non fosse successo nulla. In realtà: continua a dormire nel suo sonno profondo, che non s’è interrotto durante la crisi. Al mattino non ricorda nulla, perché nella crisi non era consapevole. Se viene svegliato, qualcosa ricorda, ma a ben guardare i ricordi sono legati più alla fase del risveglio che non al momento della crisi. Un fenomeno innocuo , la crisi si verifica con frequenza variabile, irregolare, non prevedibile (anche una sola volta nella vita) in una fase di  sonno  non-rem o  sonno  profondo (Il sonno del bambino)

Quindi non durante un sogno, che avviene solo nelle fasi di sonno REM. Dunque non è un incubo. Come abbiamo detto non è espressione di disturbi neurologici, né di disturbi affettivi, né di disturbi relazionali e non è un attacco di panico: si tratta del risultato di un’attivazione del sistema limbico (gestore delle emozioni), probabilmente dell’amigdala, che si realizza non in conseguenza di esperienze vissute.

Per chiarire come possano realizzarsi crisi così clamorose ma del tutto innocue, bastano due semplici esperimenti. Se uno preme lievemente un dito su un occhio, a volte vede delle immagini geometriche luminose coloratissime come quelle d’un caleidoscopio, dette fosfeni, che sembrano muoversi, fluttuare, roteare. Si vedono cose che non esistono. Ma non c’è da inquietarsi: sono il risultato d’una eccitazione della retina non provocata dall’impatto con la luce. Non hanno alcun significato patologico. Analogamente, se si guarda il cielo sereno sdraiati per terra, si possono vedere delle palline traslucide vaganti nell’aria lungo linee strane, senza che nell’aria ci siano. Sono i globuli rossi che passano nelle arteriole della rètina. Li vediamo perché puntiamo gli occhi verso una realtà indefinita che non possiamo mettere a fuoco.

Quando guardiamo qualcosa di concreto (una casa, un libro, un paesaggio), non vediamo le palline fluttuanti, perché siamo “distratti” dalla percezione della realtà su cui siamo concentrati. Vedere qualcosa che non c’è può spaventare. Ma, come il Pavor nocturnus (molto più impressionante!), sono fenomeni che non hanno nulla di patologico. Cosa fare allora? Quando si assiste a una crisi di Pavor nocturnus conviene, come coi sonnambuli, non fare nulla. Non toccare il bambino, ma solo prevenire che nei gesti inconsapevoli non si faccia male; non cercare di “farlo ragionare” nella vana speranza di riuscire a contattarlo e rassicurarlo; non cercare di svegliarlo: può essere traumatico l’impatto (per lui insensato) con gli adulti che lo circondano stralunati per la loro angoscia. Tutt’al più si può parlargli con voce tranquilla e toni bassi. Non importa ciò che si dice: è il suono quello che eventualmente conta. Se strappato dal sonno profondo, circondato da facce angosciate che chiedono di cos’ha paura, il bambino interrogato può presentare un’immagine simbolica dell’esperienza traumatica che non è quella della crisi inconsapevole, ma quella del risveglio forzato: qualcuno “entra nella mente”, come un “ladro nella casa”, per “derubarlo” (del sonno) e “sostituirsi” a lui (che vorrebbe dormire) o ai genitori (che mai lo “rapirebbero” dal sonno).

                                                                            

Traumatico è il risveglio forzato, non la crisi. Nel dormiveglia, nel sonno REM e nello stato di veglia c’è esperienza, perché c’è consapevolezza. Nel sonno profondo, non c’è. Il dispiegamento di forze per consolarlo e rassicurarlo è fuori luogo e controproducente. Crisi di Pavor nocturnus: insorge fra i 2 e i 12 anni; dura da pochi minuti a mezz’ora; frequenza irregolare; avviene nel sonno profondo non-REM in cui non c’è consapevolezza; molto impressionante all’apparenza: il bambino (non contattabile perché non consapevole: sta dormendo nel sonno profondo) sembra in preda al terrore; non patologica; non dà conseguenze; non connessa a traumi o problemi emotivi o relazionali; bisogna non fare niente; finisce da sola; è un’attivazione del sistema limbico non causata da vissuti emotivi; le crisi cessano da sole in adolescenza. 

Paolo  Roccato  UPPA


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Ultimo aggiornamento Martedì 25 Agosto 2015 08:34